Al momento della chiamata più paura o più speranza?
Nella mia vita sono stato sempre una persona positiva che ha sempre visto il bicchiere mezzo pieno, il mio carattere il mio lavoro e la mia disponibilità verso il prossimo mi ha molto aiutato.
Paura, ansia, speranza, incoscienza e sottovalutazione del problema, hanno creato i presupposti per poter affrontare e superare questo annoso e difficile periodo della mia vita.
Nei momenti di solitudine, lontano dagli occhi dei miei cari, nascosto nell’avvolgente buio invernale bolognese del mio giardino, nell’assordante silenzio della notte, ho ripercorso tutta la mia vita i miei momenti migliori, i più felici, la nascita dei miei figli, l’affetto dei miei cari, le soddisfazioni del mio lavoro, la mia carriera, a questi però seguivano momenti pazzescamente trainanti intriganti, gai, correre, giocare, nuotare salire scendere ballare, erano tutte azioni che ormai da tempo non erano più nella mia vita quotidiana; mi rivedevo a giocare con i miei nipoti a non aver più paura di abbracciarli per evitare di prendere le famose febbriciattole scolastiche che per me avrebbero significato rinunciare ad una eventuale trapianto perché non idoneo.
Difficile valutare se la paura aveva il sopravvento o se la speranza non lasciava posto ad altro sentimento, forse l’aiuto più possente e gridato nella notte in una ambulanza che correva sulla autostrada Bologna Torino è stata “Dai Papà sei forte non aver paura” era la voce di mio figlio Paolo che vive in Africa insieme alla sua famiglia.
Inutile dilungarsi sulle quattro chiamate senza esito finale e relativo rientro a casa, ricordo però perfettamente l’ultima; è stata l’unica effettuata con automezzo privato e scortato con le solite ed insostituibili pattuglie della Polizia Stradale che si sono alternate su tutto il percorso autostradale.
Il viaggio Ravenna Torino è stato effettuato nell’auto di mio figlio Danilo, lui alla guida ed io al telefono che avvisavo parenti ed amici della mia ennesima chiamata dalle Molinette. Viaggio indimenticabile, mio figlio è riuscito a sdrammatizzare tutti i momenti e farlo diventare quasi un viaggio di piacere con un colloquio intenso e profondo tra di noi, non lo facevamo da tempo; come indimenticabile è stato l’ingresso in sala operatoria, la voce della mia compagna, il suo sguardo, lo sfuggente tocco della sua mano, il suo bacio ed un TI ASPETTO!